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Itinerario L'isola della Giudecca

L’ISOLA DELLA GIUDECCA: 

DA SACCA FISOLA ALL’ISOLA DI SAN GIORGIO MAGGIORE

 

L’isola della Giudecca, originariamente chiamata “Spina Longa” a causa della sua forma a spina di pesce, è l’isola più estesa e allo stesso tempo la più vicina a Venezia, separata dal largo e profondo Canale della Giudecca, anticamente chiamato Canale Vigano. Secondo alcuni il nome deriverebbe dall’espressione Giudei, ossia Ebrei, che qui dimoravano, mentre altri, invece, fanno risalire l’origine all’appellativo di “Zudegà” (giudicato), dato che nel sec. IX la Repubblica aggiudicò i terreni dell’isola a nobili esiliati che rientravano nel territorio veneziano. L’estensione e la tranquillità accolsero nell’isola prima comunità religiose (ben sette erano i conventi) sia, come avvenne a Murano, famiglie patrizie qui costruirono le loro dimore con meravigliosi giardini, orti, luoghi che, dopo la caduta della Serenissima, si trasformarono in depositi, caserme, carceri, fabbriche e quartieri operai. Formata da 8 isole minori, la Giudecca è percorsa da una lunga fondamenta che l’attraversa, sul versante opposto che si affaccia sulla Laguna, si susseguono giardini e orti oltre ai nuovi quartieri residenziali e ai cantieri.
L’itinerario suggerito comincia nell’isola di Sacca Fisola , estremità ovest della Giudecca e separata da quest’ultima dal Canale dei Lavraneri. Si raggiunge con le linee del trasporto pubblico Actv 2, 4.1, 4.2 e N. Sacca Fisola è un quartiere residenziale recente, sostanziale differenza con la vicina Giudecca. Per raggiungere la prima tappa del nostro itinerario attraversare il grande ponte dei Lavraneri in legno, si noterà sulla sinistra l’imponente costruzione del Molino Stucky, l’antico mulino simbolo assoluto dell’archeologia industriale della città ora albergo di lusso, si prosegue poi passando per Campiello Priuli, fino a Fondamenta delle Convertite. Girando a sinistra si raggiunge il primo tratto di fondamenta lungo il Canale della Giudecca. Di fronte alla Stazione Marittima e le Zattere. La costruzione d’angolo è la chiesa parrocchiale di Sant’Eufemia , una lapide innestata sulla porta ricorda la consacrazione del 1371. L’edificio ha conservato l’originaria semplice struttura a capanna (XI secolo) tipico dello stile veneto-bizantino, mentre il portico dorico esterno venne eretto durante i rimaneggiamenti del ‘700-’800. Le colonne del portico, risalenti al XVI secolo, appartenevano alla Chiesa dei SS. Biagio e Cataldo, demolita per fare spazio alla costruzione del Molino Stucky. Sopra la porta d’ingresso si nota un bel rilievo raffigurante la Vergine col Putto tra San Rocco e Sant’Eufemia. All’interno le tre navate veneto-bizantine (XI secolo) sono decorate con sontuosi stucchi e dipinti (del ‘700). Nelle navate e alle pareti opere di B. Vivarini, G.B. Canal.
Proseguendo lungo la fondamenta si raggiunge la Chiesa del Redentore (inclusa nel circuito Chorus, ingresso scontato con Rolling), fatta erigere dal Senato della Repubblica come tempio votivo al Cristo Redentore per la fine dell’epidemia di Peste che colpì Venezia nell’estate del 1575. Nel maggio del 1577 venne posata la prima pietra e nel luglio successivo si festeggiò la fine della pestilenza con una processione che giunse fino al cantiere dell’edificio in costruzione. Da allora nel giorno del SS. Redentore (terzo sabato del mese di luglio di ogni anno) si celebra la ricorrenza, all’epoca il tempio era visitato dal doge e dalla Signoria. La chiesa venne concepita come stazione finale della solenne processione, Venezia e la Giudecca vengono unite con un ponte di barche. La vigilia della festività si celebra con caratteristiche tavolate lungo la fondamenta per ammirare lo spettacolo pirotecnico, degustando i piatti tipici della festività. L’edificio, disegnato dal Palladio e considerato uno dei suoi capolavori, fu ultimato nel 1592, dopo la morte del maestro, Antonio da Ponte. All’interno un colonnato gira lungo le pareti dell’unica navata, con tre cappelle aperte su ogni lato, e del presbiterio, sormontato da una cupola. Sugli altari vi sono dipinti della scuola veneta del sec. XVI-XVII. Particolarmente interessante la sacrestia, dalla quale si accede dal coro, ricca di opere d’arte e di reliquie dell’ordine francescano: Madonna col Bambino e Angeli di Alvise Vivarini; Madonna e Santi attribuito a Francesco Bissolo; Battesimo di Cristo di Paolo Veronese. Dopo la visita alla Chiesa del Redentore, continuiamo l’itinerario lungo la fondamenta della Croce, che prende il suo nome dalla cinquecentesca Chiesa della Croce, spazio oggi occupato dalle Carceri Giudiziarie.
Qualche metro ancora e troviamo la Chiesa e Convento delle Zitelle. La chiesa, edificata su progetto di Andrea Palladio, è parte di un complesso ecclesiastico voluto dal gesuita Benedetto Palmio per assistere le ragazze povere. Già dopo il suo arrivo a Venezia, nel 1558, cominciò a ricoverarne parecchie in una casa nella parrocchia di S. Marziale. A tale scopo si progettò un edificio più spazioso con annesso oratorio. I lavori della chiesa iniziarono nel 1581, dopo la morte del Palladio; vennero ultimati nel 1586 da Jacopo Bozzetto e due anni dopo seguì la consacrazione della chiesa alla Presentazione di M. V. al Tempio. La Chiesa di Santa Maria della Presentazione, detta anche delle Zitelle, fa parte oggi dei Monumenti dell’Assistenza Veneziana sparsi nella città lagunare, di proprietà dell’IRE di Venezia - Istituzioni di Ricovero ed Educazione.
Per raggiungere l’ultima tappa dell’itinerario, l’isola di San Giorgio Maggiore, è necessario prendere il vaporetto linea 2 dall’imbarcadero delle Zitelle in direzione San Marco-San Zaccaria. La fermata di San Giorgio si trova di fronte alla Chiesa di San Giorgio Maggiore. Essa rappresenta una delle principali opere di Andrea Palladio, anche se l’edificio, iniziato nel 1566, venne terminato nel 1611, abbondantemente dopo la morte del maestro. La facciata ha due ali laterali che corrispondono alle navate interne e che lasciano intravedere le due larghe absidi in mattoni. La cupola sovrasta l’incrocio del solenne interno a tre navate con il larghissimo transetto. Nella cappella a destra del presbiterio: Madonna in trono e santi di Sebastiano Ricci (1708). Nel presbiterio: all’altare maggiore, gruppo bronzeo di Girolamo Campagna (1593); alle pareti, due opere di Tintoretto, Ultima cena e Raccolta della manna (1594). Dalla sagrestia si accede alla Cappella dei Morti ove vennero custodite le ossa dei benedettini raccolte nel corso della demolizione e si presume che corrisponda all’entrata dell’antica chiesa. La pala dell’altare è di Jacopo Tintoretto, una delle ultime opere del Maestro. Lo snodarsi della composizione in ritmi ondulati, vista con la piatta prospettiva verticale dei primitivi, acquista qui un valore patetico, quasi ad esprimere l’abbandono dello spirito al dolore. Solo il deterioramento del colorito può giustificare le riserve formulate dai critici sulla paternità di questo capolavoro. Al di sopra della cappella è costruito il coro notturno dei monaci, al quale si accede per una scala a chiocciola, sita all’inizio del corridoio. E’ un ambiente celebre, in quanto servì al Conclave che elesse, nel 1800, papa Pio VII. Gli stalli portano i nomi dei relativi cardinali e, in una vetrina, si trovano i cimeli del Conclave. La pala d’altare è un San Giorgio che uccide il drago di Vettore Capaccio (la sala del Conclave è visitabile su richiesta). Altro monumento patrimonio della parte benedettina dell’isola è l’Abbazia di San Giorgio Maggiore, demolita e ricostruita ben cinque volte prima di assumere l’aspetto grandioso con cui oggi appare. Per circa un millennio è stato un grande centro spirituale e culturale restando fino ai giorni nostri un complesso monumentale tra i più importanti al mondo. Il campanile di costruzione a canna quadrata in laterizi con una cuspide sormontata da un Angelo rotante, venne eretto nel 1791 su progetto del frate bolognese Benedetto Buratti in sostituzione di quello quattrocentesco crollato nel 1774. Per la parte dell’isola gestita dalla Fondazione Giorgio Cini, ospite del convento dal 1951, sono visitabili solo i due chiostri: chiostro dei cipressi e chiostro degli allori, mentre la ripristinata foresteria è stata adibita a vari istituti specializzati per lo studio delle civiltà veneziana; il refettorio palladiano viene ora utilizzato come aula magna. La parte più antica di tutto il cenobio di San Giorgio Maggiore è costituita dal dormitorio e dal chiostro dei Buora, con la relativa sala capitolare. Sappiamo che nel 1443 trovò rifugio a San Giorgio Cosimo de’ Medici, esiliato a Venezia con tutta una corte di amici e clienti, fra i quali il celebre architetto Michelozzo Michelozzi, che costruì la biblioteca benedettina, distrutta poi nel 1616 per sistemare il chiostro palladiano “dei cipressi”. Nel vestibolo, attribuita al Palladio, si trova una bassa espansa scalea che serve da distacco al refettorio che una volta ospitava la grandiosa tela Le Nozze di Cana ora al Louvre. Nel 1630 Baldassarre Longhena, architetto della Salute, rifece l’ala della biblioteca e nel 1642 inserì il monumentale scalone negli appartamenti dell’Abate. I saloni dell’Abate di San Giorgio Maggiore accolsero Enrico III re di Francia, la regina Maria Casimira di Polonia, Giuseppe II, Francesco I, Federico I, imperatori d’Austria e molti altri. Dalla finestra serliana del grande salone dedicato oggi a Giovanni XXII, nel 1800 diede la sua benedizione “Urbi et Orbi” Pio VII appena proclamato Papa.  

 


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