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Itinerario Il Sestiere di Castello

IL SESTIERE DI CASTELLO

 

Il percorso che si suggerisce inizia poco oltre piazza San Marco, nello spazioso campo Santa Maria Formosa. Questo vasto campo rappresentava uno dei luoghi più movimentati della vita cittadina e uno dei più antichi centri religiosi e civili della Serenissima. Anticamente era teatro di molte rappresentazioni teatrali, e persino Feste di tori, le “cazze”.
La chiesa di Santa Maria Formosa (inclusa nel circuito Chorus, ingresso scontato con Rolling), la cui facciata classicheggiante del ‘500 si apre verso il canale, fu eretta nel 1492; si tratta del capolavoro architettonico di Mauro Codussi, progetto grazie al quale l’architetto afferma per la prima volta a Venezia i valori della visione plastico-spaziale toscana della rinascenza. La pianta a croce latina, a tre navate, rispetta le fondazioni della chiesa del VII secolo, secondo la tradizione, una delle otto fondate da San Magno, vescovo di Oderzo, a seguito dell’apparizione della Vergine in forma di una magnifica matrona (formosa). Il campanile invece risale al ‘600. All’interno, sicuramente degni di nota, sono il Polittico di Santa Barbara di Jacopo Palma il Vecchio (1480-1510), nella Cappella della Scuola dei Bombardieri, opera che rese celebre il maestro e il celebre Trittico della Madonna della Misericordia nella cappella della Concezione, di stile mantegnesco, del muranese Bartolomeo Vivarini (1473). Nell’Oratorio è conservata, tra le altre opere presenti, una Madonna con Bambino di Giandomenico Tiepolo (XVIII sec.).
All’estremità meridionale del campo si accede al Palazzo Querini Stampalia , (ingresso scontato con Rolling) con un’importante biblioteca e una delle Gallerie d’arte della città donate alla città dall’ultimo erede Giovanni Querini Stampalia nel 1869. Nelle sale, che conservano in parte stucchi e arredi settecenteschi, opere di pittori veneziani dal sec. XIV al XVIII: Giovanni Bellini, Palma il Vecchio, Luca Giordano, G.B. Tiepolo, Pietro Longhi solo per citare i più noti. La biblioteca civica aperta al pubblico conserva: 300mila volumi di cui circa 32mila a scaffale aperto. Inoltre un fondo archivistico e bibliotecario veramente imponente composto da manoscritti, incunaboli cinque centine, volumi antichi carte geografiche e mappali antichi. Negli anni ’60 del ‘900 pianterreno e giardino vennero ridisegnati dall’Arch. Carlo Scarpa, mentre Mario Botta negli anni ’90 progettò il nuovo accesso, il bookshop e la caffetteria.
A qualche minuto a piedi da Santa Maria Formosa, si raggiunge Campo SS. Giovanni e Paolo (anticamente San Zanipolo), detto anche “campo delle Meravegie” forse per fatti prodigiosi che vi sarebbero avvenuti, o più probabilmente perché, dopo Piazza San Marco, rappresenta lo spazio più monumentale di Venezia. Il centro del campo è dominato da un’imponente statua equestre ritenuta una delle più belle al mondo, monumento al famoso condottiero Bartolomeo Colleoni, che per più di vent’anni fu al servizio della Repubblica di Venezia. L’opera (1491-96) è del fiorentino Andrea Verrocchio, maestro di Leonardo Da Vinci, e avrebbe dovuto essere eretta (per espressa volontà del Colleoni) in Piazza San Marco, dove al contrario una legge impediva la costruzione di monumenti dedicati a privati cittadini. Ed ecco lo stratagemma: venne innalzata sì, ma non di fronte alla chiesa di San Marco, bensì di fronte alla scuola dedicata al patrono della città. Infatti quello che oggi è l’Ospedale Civile fu in passato la sede della Scuola Grande di San Marco, una delle sei confraternite di devozione con compiti di assistenza e misericordia verso gli strati sociali più deboli. La preziosa facciata risale al tardo XV-inizi XVI secolo, ed è opera di Pietro Lombardo e Mauro Codussi, due dei più grandi architetti rinascimentali che abbiano lavorato a Venezia. Di grande effetto sono i due riquadri prospettici con immagini “trompe d’oeil”, e raffiguranti due leoni che sembrano a guardia della porta principale.
Ma è la Basilica dei SS. Giovanni e Paolo (o San Zanipòlo) a dominare il campo. Iniziata verso la metà del 1200 e ultimata circa due secoli dopo, è uno dei più imponenti edifici gotici della città. Viene comunemente definita il Pantheon veneziano per i molti monumenti funebri di dogi (ben 17) e di personaggi importanti che ospita. Curiosamente a questa monumentale chiesa manca il campanile, che già dal XIV secolo sembra essere scomparso nel nulla ed è oggi rimpiazzato da un campaniletto a vela. L’interno dell’edificio comunica un effetto “immenso”: le colossali strutture sono tutte avvolte dalla luce soffusa che filtra dai finestroni; numerosissimi i dipinti e sculture da vedere. Appena entrati, lungo la navata di destra si trova il monumento a Marcantonio Bragadin, l’eroe di Famagosta, scorticato vivo dai turchi nel 1571 (reliquia agghiacciante ma un tempo onoratissima dallo Stato è la pelle contenuta nell’urna). Tra le numerose e interessanti opere della chiesa, tra cui una rara vetrata policroma cinquecentesca, si trova il polittico “di San Vincenzo Ferreri” di Giovanni Bellini, e alcuni capolavori di Paolo Veronese nella cappella del Rosario (dedicata alla battaglia di Lepanto, vinta dai veneziani contro i Turchi nel 1571). Da campo SS. Giovanni e Paolo, proseguendo lungo la Salizzada SS. Giovanni e Paolo e subito dopo Barbaria delle Tole si raggiunge il rio di Santa Giustina; valicato il ponte, tenendosi sulla sinistra si raggiunge Campo San Francesco, così configurato nel secondo quarto del XVI secolo, in concomitanza con la ristrutturazione di piazza San Marco.
Il campo è dominato dalle estese proporzioni della chiesa cinquecentesca di San Francesco della Vigna edificata su progetto di Jacopo Sansovino, con facciata classicheggiante e successiva di Andrea Palladio (1564-70). Infatti, dopo lo sfortunato esordio di San Pietro di Castello (punto 12 di questo itinerario), fu ancora Daniele Barbaro a favorire un incarico palladiano a Venezia convincendo il patriarca di Aquileia, Giovanni Grimani, ad affidargli la costruzione di questa facciata, estromettendo di fatto il Sansovino da trent’anni direttore dei lavori della chiesa (ma considerato anziano dopo il rinnovamento di piazza San Marco). Il vasto interno è ricco di opere d’arte: al 1º altare del transetto destro, Madonna in trono adorante il Bambino di fra’ Antonio da Negroponte (1470 c.); nel presbiterio, monumenti funebri del doge Andrea Gritti e della sua cerchia, forse di Sansovino; nella cappella a sinistra del presbiterio, sculture di Pietro Lombardo e scolari (1495-1510); nella cappella Santa, cui si accede dal transetto sinistro, Madonna col Bambino e santi di Giovanni Bellini (1507); nella 5ª cappella sinistra, Sacra conversazione di Paolo Veronese (1551 c.). Girovagando (da campo di san Francesco della Vigna per Ramo Ponte San Francesco e Salizzada San Francesco in direzione della Riva degli Schiavoni e del Bacino di San Marco, oltrepassando S. Antonin) tra le calli, nella zona popolare a pochi passi da Piazza San Marco, è possibile visitare un gioiello in stile gotico: la Chiesa di San Giovanni in Bragora in campo Bandiera e Moro o della Bragora (dalla misteriosa etimologia derivante forse dalle antichissime parole, “brago” e “gora” che indicherebbero il terreno del campo, in origine fangoso; o forse da “agora”, piazza in greco), centro di un nucleo di formazione predogale, di suggestiva bellezza. La chiesa, ricostruita nel 1475, ha una caratteristica facciata in mattoni. L’interno, a tre navate, custodisce importanti dipinti: alle pareti della navata destra, presso la porta della sagrestia, si trova “Elena e Costantino” di Cima da Conegliano (1502); il “Cristo risorto” di Alvise Vivarini, un “trittico con Madonna in trono tra i Ss. Andrea e Giovanni Battista” di Bartolomeo Vivarini; i “SS. Andrea, Gerolamo e Martino”, trittico di Francesco Bissolo. Nel presbiterio, con volta ornata di stucchi di Alessandro Vittoria (1596) vi è un “Battesimo di Gesù” di Cima da Conegliano (1494) e, alla parete destra, “L’ultima cena” di Paris Bordon. Nella navata sinistra, si possono inoltre ammirare la “Madonna orante col Bambino” (1490) e una piccola tavola con “Testa del Redentore” (1493), entrambe di Alvise Vivarini.
Poco distante da campo Bandiera e Moro, in direzione di San Marco, è degna di nota anche la Chiesa della Pietà, o di Santa Maria della Visitazione, affacciata sulla riva degli Schiavoni. Fin dalla metà del 1300, con l’annesso edificio, formava uno dei più famosi ospizi per i bambini abbandonati: proprio qui, nel XVIII secolo, diresse per trent’anni il coro delle giovani orfanelle il maestro Antonio Vivaldi, detto “il prete rosso” per la capigliatura fiammeggiante o per la veste scarlatta, o, ancora, per il carattere tempestoso. La chiesa attuale risale al 1760. Alle spalle della Pietà, alla fine di calle Bosello, si può infine visitare la Chiesa di S. Giorgio dei Greci e l’Istituto Ellenico (ingresso scontato con Rolling), sedi della comunità greco-ortodossa, la più importante fra quelle straniere nella Venezia rinascimentale. L’Istituto ellenico nel Collegio Flangini raccoglie un’ottantina di icone bizantine e postbizantine, arredi sacri e altri oggetti di culto. Proseguendo per la Fondamenta Ca’ di Dio e subito dopo il ponte c’è la possibilità di addentrarsi alla scoperta dell’Arsenale (solo la parte esterna poiché il complesso non è visitabile) oppure visitare il Museo Storico Navale. Per iniziare degnamente questa visita consigliamo di incamminarsi lungo la Salizzada del Pignater e la fondamenta di Fronte, per ammirare l’entrata dell’Arsenale, grandioso complesso di cantieri che risale al sec. XII o agli inizi del sec. XIII, più volte ampliato con uno sviluppo durato secoli, base della potenza marinara della Serenissima. L’ingresso da terra è segnalato da un portale (1460), ritenuto prima opera del rinascimento veneziano, sormontato da un attico con un grande leone marciano attribuito a Bartolomeo Bon. Nel 1692-94 si costruì davanti al portale la terrazza, ornata di statue allegoriche barocche; ai lati di questa sono due leoni di pietra provenienti dalla Grecia (quello a sinistra era collocato nel porto del Pireo). Più a destra sono altri due leoni più piccoli, uno dei quali proviene dall’isola di Delo. L’area dell’Arsenale contiene edifici di notevole interesse storico e architettonico, tra i quali: l’edificio del Bucintoro (nell’Arsenale Vecchio), ricovero dell’imbarcazione dogale; le Gaggiandre (darsena Arsenale Nuovissimo), due grandiosi cantieri acquatici costruiti nel 1568-73 su progetto attribuito a Jacopo Sansovino; le Corderie della Tana (lato meridionale dell’Arsenale), lunghe m 300, ove si conservava la canapa e si torcevano le gòmene per le navi (ora sede per esposizioni temporanee).
A questo punto è possibile riallacciarsi all’itinerario da via G. Garibaldi. In Riva degli Schiavoni in Campo San Biagio si trova il Museo Storico Navale (ingresso scontato con Rolling). Una visita a questo museo può offrire l’opportunità per toccare con mano e comprendere la potenza navale veneziana. Il museo documenta con cimeli, modelli, incisioni e plastici la storia della marina veneziana (sec. XVI-XVIII) e della Marina Militare Italiana dal 1860 a oggi. Di particolare interesse: il modello del Bucintoro, splendida galera usata dal doge nella cerimonia dello Sposalizio col Mare; un grande modello di galeazza veneziana cinquecentesca; modelli di fregate e vascelli del ‘700. Una sezione staccata del museo, con vere imbarcazioni storiche, è allestita nell’Officina Remi dell’Arsenale.
Ultima tappa dell’itinerario porterà alla scoperta dell’isola e della Chiesa di San Pietro di Castello (inclusa nel circuito Chorus, ingresso scontato con Rolling). Da via Garibaldi, seguendo il percorso che vi abbiamo suggerito, arriverete in qualche minuto in una zona veramente particolare e bellissima, un angolo appartato e suggestivo all’estremità orientale dell’area urbana, alle spalle del complesso dell’Arsenale, che dal sec. VIII agli inizi dell’800 ospitò il potere religioso della città. Vi sorge la chiesa di S. Pietro di Castello, fino al 1807 cattedrale di Venezia, cioè chiesa patriarcale: di antica origine (sec. IX) ma più volte ristrutturata e rifatta nei sec. XVI-XVII, ha una monumentale facciata del 1594-96 e un isolato campanile, opera di Mauro Codussi (1482-90) entrambi in pietra d’Istria. Il progetto della facciata è attribuito al Palladio, al suo primo ingaggio a Venezia, su indicazione di Daniele e Marcantonio Barbaro, garanti del contratto con i muratori nel gennaio del 1558. La morte del committente, il patriarca Vincenzo Diedo, interruppe il cantiere a due anni dall’inizio dei lavori che termineranno solo nel 1596. L’attuale struttura non rispetta esattamente il progetto palladiano, ma è fedele ai suoi indirizzi fondamentali, in particolare all’interazione fra un ordine maggiore corrispondente alla navata centrale e uno minore in relazione a quelle laterali, poi realizzato compiutamente a San Francesco della Vigna.  


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